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IL PUNTO del 15/04/2019
UNA RIFLESSIONE SULLA PASSIONE DI GESÙ
Nell’imminenza della morte, Gesù emette il grido: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice». E’ il calice del dolore e della morte. Pregare nel tempo della prova è un’esperienza che sconvolge il corpo e l’anima e anche Gesù, nelle tenebre di quella sera, «offre preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che può liberarlo dalla morte». (Eb. 5,7) Nel Cristo in lotta con l’angoscia, ritroviamo noi stessi quando attraversiamo la notte del dolore lacerante, della solitudine degli amici, del silenzio di Dio. E' per questo che Gesù come qualcuno ha detto «sarà in agonia sino alla fine del mondo: non bisogna dormire fino a quel momento perché egli cerca compagnia e conforto» (Blaise Pascal), come ogni sofferente della terra. In lui noi scopriamo anche il nostro volto, quando è rigato dalle lacrime ed è segnato dalla desolazione. Ma la lotta di Gesù non approda alla tentazione della resa disperata, bensì alla professione di fiducia nel Padre e nel suo misterioso disegno.
Sono le parole del «Padre nostro» che egli ripropone in quell’ora amara: «Pregate per non entrare in tentazione... Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!». Ed ecco, allora, apparire l’angelo della consolazione (Lc. 22), del sostegno e del conforto che aiuta Gesù e noi a continuare sino alla fine il nostro cammino.
Cardinale Gianfranco Ravasi